I Gatti

I GATTI DI FIANELLO

Nella “Canzone de Susanna” è scritto: “Gatti numerosi et cavalli furiosi ad Erlengarda sono graditi”; mentre nella “Leggenda di Erlengarda” è scritto: “Alla fine dell’anno 1050, una misteriosa epidemia troncò, tra le altre, la vita di Berlengario. La carestia che ne seguì, impose il fermo di tutti i lavori in Fianello. Unico segno di vita erano i gatti, che magicamente custodivano il Castello, ancora sottosopra per gli imponenti lavori”.
Il gatto, nell’alto medioevo, aveva un valore esoterico. Nella credenza popolare era considerato un animale magico, degno di tutto rispetto.
Guardiamo, in sintesi, la sua storia.
Della grande famiglia dei felini, è l’unico ad aver accettato di vivere nella casa dell’uomo nel terzo millennio a. C. presso le corti egizie.
Gli Egiziani consideravano il gatto, dai movimenti affascinanti e dalle pose statuarie, un animale sacro e lo chiamarono “mau”, poi “qato” (da cui gatto).
A Bubastis (attuale Tell Bastah) sono state scoperte necropoli contenenti 300mila mummie di gatti, ancora chiuse nei loro sarcofaghi di legno scolpito.
In Europa il gatto è stato introdotto dagli antichi Greci, che rubarono sei coppie di gatti agli Egizi. Nell’antica Roma il gatto era considerato un simbolo di libertà.
In cambio di seta fine, il gatto arrivò in Cina dove fu innalzato a simbolo della pace, della fortuna e della serenità familiare.
Molto apprezzata dai buddisti fu la capacità di meditazione che essi attribuivano al gatto. La religione induista obbliga ad ospitare o sfamare almeno un gatto.
I gatti furono introdotti in Giappone dalla Cina nel 999 d. C.
Nei paesi arabi dell’Islam, dove l’animale eletto era il Cavallo, il gatto accese le simpatie che eguagliarono la fama degli equini. Anche Maometto possedette una gatta di nome Muezza, che un giorno si era addormentata sul mantello del profeta seduto sul divano, così che lui, dovendo alzarsi, per non disturbare il sonno della gatta, preferì recidere un pezzo del suo mantello sul quale era disteso l’animale.
Intorno al 1250 la Chiesa cattolica, per combattere il gatto-divinità, ha perseguitato il gatto-animale con i rigori dell’Inquisizione per alcuni secoli. Con la Rivoluzione Francese vennero meno superstizioni e crudeltà, che comunque si erano da tempo attenuate.
Hanno dissertato sul gatto Esopo, Fedro, Erodoto, Cicerone e Plinio il Vecchio. Agli albori del Rinascimento, il poeta Francesco Petrarca amò pubblicamente i gatti e nel 1374 morì con il conforto dell’amico felino, i cui resti sono conservati in un museo di Padova.
Amarono i gatti Torquato Tasso, Lope de Vega, La Fontaine, Charles Perrault (l’autore del “Gatto con gli stivali”), Charles Baudelaire, Guy de Maupassant, Renè de Chateaubriand, il cardinale Richelieu, Shakespeare, R. Kipling, Alessandro Dumas figlio, George Sand, Victor Hugo, Cocteau, Colette, Montaige, Eliot, Hemingway, Prevert ed Albert Schweitzer.
Molti famosi musicisti hanno tratto ispirazione dalla malia dei gatti: Domenico Scarlatti (Fuga del gatto), Rossini (Duetto buffo di due gatti), Ravel (L’enfant et les sortileges). Nei balletti ricordiamo i “pas-de-deux” nella “Bella addormentata” di Ciaikovskil.
Tra i pittori ricordiamo Leonardo da Vinci (la Vergine del gatto), Michelangelo, A. Durer, J. A. Watteau, P. Veronese, Rubens, Bosch, Rembrandt, Tintoretto, Renoir, Gauguin, Picasso e Manet.
L’immagine del gatto è stata utilizzata anche in araldica: gli antichi romani, sulle insegne delle loro legioni e moltissime famiglie nobili (Katze, Gatti, Gatteschi ecc.) fecero scolpire un gatto sui loro blasoni.

Il gatto è un animale bellissimo, aggraziato, plastico, armonioso: una sorta di opera scultorea creata dalla Natura. E’ uno degli animali casalinghi più diffusi.
A Fianello, ai nostri giorni (2002), vivono ancora numerosi gatti curati amorevolmente da Marioara e Mariano. Sono i discendenti dei gatti amati da Erlengarda.

a cura di Alberto Longobardi

IL GIOCO DELLE BOCCE - OLIVETI, OLIVE ed OLI- GATTI

 

 

Altre foto di gatti

 

 

Dove il passato è presente

 

 

 

 

 

Alcune immagini sono tratteda: Petites heurs d’anne de Bretagne(Biblioteque National Paris)